Doppia recensione: “Hemingway” & “Leggende Americane” – Fernanda Pivano
Scrivere, nell’ipotesi migliore, è una vita solitaria. Lo scrittore cresce nella sua statura pubblica, mentre nasconde la sua solitudine e spesso la sua opera si deteriora. Perché fa il suo lavoro da solo e se è uno scrittore abbastanza bravo deve affrontare ogni giorno l’eternità o la mancanza di essa. Per un vero scrittore ogni libro è un inizio nuovo in cui tenta di raggiunngere qualcosa che è irraggiungibile. Deve sempre tentare qualcosa che non è mai stato fatto o altri hanno tentato senza riuscire… Ho parlato troppo per uno scrittore. Uno scrittore deve scrivere quello che ha da dire e non parlarne.
Questo sopra è un estratto del discorso che Hemingway preparò e inviò a Stoccolma per l’assegnazione (a distanza) del premio Nobel, assegnatogli quell’anno per il romanzo “Il vecchio e il mare”. Credo che in questo brano ci sia tutto il senso di questo saggio biografico che porta il suo nome, scritto dall’indimenticata Fernanda Pivano. Una persona che per me ha sempre avuto un’aura da leggenda nel panorama italiano, che scrive sul Mito per eccellenza. Cosa ne viene fuori?
Un libro pieno d’amore, soprattutto questo. Nanda ha dedicato la sua vita alla letteratura, e agli uomini e alle donne che l’hanno segnata attraverso tutto il Novecento.
La storia di Nanda e del suo incontro con Hemingway è risaputa: durante la guerra, Nanda aveva tradotto alcuni libri americani che le aveva passato il suo professore (e innamorato che Nanda non corrispose mai) Cesare Pavese, ancora inediti in Italia. Tra questi c’era anche “Addio alle armi”, libro incluso nella censura fascista per il modo in cui tratteggiava, a dire del regime, la disfatta di Caporetto –e anche per il fatto che Hemingway, quando era corrispondente all’estero, aveva definito Mussolini, in tempi non sospetti, “il piu grande bluff d’Europa”. Per questa traduzione, Nanda era stata arrestata dai fascisti.
Anni dopo Hemingway, di passaggio da Venezia, invita la Pivano, ancora appena una ragazza. Nanda, a trovarselo davanti, quasi sviene. I due si abbracciano, Hemingway la fa accomodare, le chiede tutto dei fascisti, e la loro amicizia, durata fino al suicidio dello scrittore, comincia proprio lì.
Si vedranno diverse altre volte negli anni, incontri che la Pivano descrive minuziosamente nel libro. Viene addirittura invitata nella Pilar, la residenza cubana comprata dallo scrittore, dove beveva (parecchio) e scriveva. Hemingway le sottopose perfino la prima stesura di uno suo romanzo, “Di là dal fiume e tra gli alberi”, ambientato proprio in Italia. Restò sveglio tutta la notte, bevendo champagne, mentre Nanda, col cuore in gola, leggeva una pagina dietro l’altra. All’alba guardò Hemingway, e lui capì che non le era piaciuto. Andò finalmente a dormire, e Nanda prese il primo treno per casa (in realtà fu persino troppo generosa, dal momento che “Di là dal fiume” è, a mio giudizio, davvero un libro pessimo).
Di conseguenza “Hemingway” (Bompiani) non può essere un saggio distaccato e imparziale, e nemmeno lo vuole essere. Nel libro ci sono sicuramente i lati negativi di Hemingway (i suoi litigi, le risse, le sbornie colossali, i tradimenti, le sbruffonate), a volte appena sottintesi da Nanda per una sorta di rispetto per l’autore. Quello che però emerge, ad ogni pagina, è l’amore di Nanda per Hemingway, a livello umano prima e professionale subito dopo. Il ritratto che ce ne da è quello di un uomo con un talento innegabile, che ha rappresentato, nel bene e nel male, un cambiamento immenso nella letteratura del secolo scorso. Un uomo che era tormentato, e per fortuna Nanda ci risparmia lo stereotipo del genio sregolato, parlandone invece con affetto, come si farebbe di qualunque uomo perso, che non riesce a trovare l’uscita –finché non se ne creò una radicale, violenta, in una mattina americana, col suo fucile in mano.
Nanda delinea debolezze e dubbi di Hemingway, al di là della figura di super-uomo che ci ha consegnato la storia. Non era un uomo semplice, e nemmeno adesso è un fantasma semplice con cui avere a che fare, per tutti coloro che scrivono. La sua opera e la sua vita erano così profondamente compenetrate l’una nelle altre, che il suo resta un fenomeno unico, irripetibile (e per questo, ancora più ingombrante come eredità per chi è venuto dopo).
Il libro scorre pieno di aneddoti interessanti, di episodi che mai si abbassano al pettegolezzo e permettono, a chi non conosceva l’autore, di restarne incuriositi, e di avere un quadro più completo per coloro che già lo conoscevano.
Personalmente, ho molto amato alcuni libri di Hemingway (Fiesta, Festa mobile, Avere e non avere, soprattutto i racconti) e meno altri (Il vecchio e il mare mi ha fatto bloccare dopo poche pagine), ma so che è una sorta di passaggio obbligato per chi crea, persino 50 anni dopo la sua scomparsa. Nanda rende dolce questo passaggio, guidando neofiti ed esperti alla scoperta di un personaggio e di un mondo letterario ormai scomparsi per sempre.
Quello stesso mondo letterario torna in “Leggende americane” (Bompiani), altro saggio che ho letto subito dopo il primo, trovandolo però meno coinvolgente. In “Leggende” Nanda prende in esame altre figure americane del secolo scorso, oltre Hemingway: Lee Masters, Fitzgerald, Faulkner, Dorothy Parker. Il saggio è una raccolta di articoli, prefazioni e riflessioni che la Pivano fa sui vari autori. Libro interessante, specie per chi ama già questi autori (io non molto, Lee Masters a parte), e sicuramente ne dà una visione più ampia e accurata. La differenza con “Hemingway” sta probabilmente nel soggetto trattato: “Leggende” è, giocoforza, un libro molto letterario. L’altro saggio, basandosi su uno come Hemingway, funziona bene anche come romanzo d’avventura –pieno com’è di donne, viaggi, incidenti, scontri. Perché il mito di Hemingway è interessante da leggere, anche da lontano, a distanza di anni –per capire cosè rimasto, dopo mezzo secolo, dell’uomo che fu lo Scrittore. Un titolo troppo pesante anche per lui, alla fine, ma che ci resta in eredità insieme ad alcune tra le pagine più taglienti, dirette e ben scritte che ci siano mai state in circolazione.
Da leggere.
Marco
www.marcozangari.it
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