Il 25 aprile in Australia (o anche: come sopravvivere all’Anzac Day)
L’Anzac è la festa nazionale più sentita dagli australiani, e per semplice coincidenza cade proprio nel giorno della Liberazione in Italia (anche se non hanno niente da spartire). In tutta l’Australia si fa una parata a cui partecipano i reduci delle due guerre. Rett, il nonno di Skye, ogni anno sfilava per le strade della città coi suoi ex compagni di reparto. Quelli ancora vivi, s’intende.
Le strade erano chiuse al traffico. Rett arrivò vestito in maniera impeccabile, giacca a righe e un pantalone di velluto. Salutò i suoi vecchi commilitoni.
“Ci pensi?” dissi a Skye “Magari si sono visti solo per un paio di mesi qualcosa come 60 anni fa”
“Sì, e da allora si vedono ogni anno”
“Ho parenti che vedo meno spesso”
I gruppi cominciarono ad allinearsi. Con noi c’erano Fred e suo figlio Jack. Mi avvicinai a Fred.
“Tuo padre è stato in guerra. Ha mai partecipato a questa parata?”
“Quando era vivo l’hanno invitato ogni anno, ma ha sempre rifiutato. Diceva: “Se dovessi mai andare, sarebbe solo per mettermi a marciare nel verso opposto alla maledetta parata!””
I gruppi cominciarono a muoversi. Andammo a vedere la parata da George Street, poi scendemmo verso Hunter Street, dove decine e decine di marinai aspettavano il loro turno per sfilare. Qualcuno ogni tanto correva su per le scale del pub, si faceva una birra, poi tornava correndo di sotto. Stavano aspettando da un’ora. Il corteo non era più molto stabile.
Ritrovammo Rett con un ex-commilitone e la moglie. Decisero di andare alla RSL e noi ci unimmo.
Per gli RSL, nate apposta per i reduci, l’Anzac Day è come il giorno di Natale. Nessun reduce fedele alla Patria sarebbe rimasto sobrio.
“Beh? Cosa volete?” fece Fred.
Ci guardammo. Avevo fatto colazione da poco.
“Guinness…” azzardai.
“Una anche per me” disse Jack.
“Per me una bionda” disse Skye.
Tutti presero da bere, compreso Rett e i suoi due ospiti. L’ex commilitone aveva la bellezza di 90 anni. Ne dimostrava 15 in meno.
Fred tornò con le birre. Brindammo e poi mandammo giù. Erano le dieci di mattina e stavo bevendo con un ottantenne e un novantenne. Contando Fred, anche un sessantenne. Sarebbe stata una lunga giornata.
I drink, a quell’ora, facevano presto effetto. Mi sentivo andato già dopo la seconda. La moglie del novantenne si sporse e mi guardò. Aveva riccioli rossastri e pelle grumosa.
“Tu sei italiano, vero?”
“Sì” dissi.
“Quindi sei molto cattolico, vero?”
“Beh, veramente…”
“Voglio dire, vai molto in chiesa, giusto?”
“Ci sono delle bellissime chiese in Italia” dissi.
Il giro seguente toccò a me. I beoni del posto hanno le loro tecniche per portare 4 birre alla volta, ma io no. Cercai di trovare un aggancio migliore che non versasse troppa Guinness sulle teste degli altri. Riuscii a fare tutto in soli due viaggi.
“Et voilà, signori”
“Finalmente” disse Fred. “Mi si stava grattando la gola dalla sete”
La sala si era riempita di reduci con le famiglie, vecchiette incipriate, giovani marinai, ragazzine in vestiti scollati. L’alcol scorreva a fiumi. C’era un viavai incessante dal bar e dal cesso.
“Tesoro, io devo andare” disse Skye.
“Come? Di già?”
“Sì. Tra due giorni ho un esame importante e vorrei studiare. Tu resta, però”
Skye andò via e io restai a bere con suo padre, suo nonno, suo fratello e la coppia novantenne.
Alla fine accompagnammo Rett a prendere il treno. Non barcollava neanche un po’. Ci credevo bene, che scopasse ancora.
“A presto, signore” biascicai.
“A presto, Mario”
Una volta che Rett fu andato, Fred si girò e disse, “Andiamo a cercare il two-up da far vedere a Mattia”
Il two-up è il testa o croce, gioco d’azzardo legale in Australia solo per l’Anzac. Si gioca in molti pub, con puntate che arrivano a migliaia di dollari in una botta sola.
Girammo per King Street e ci ritrovammo in un pub strapieno di gente.
“Ehi Fred” fece Jack, “ma qui non fanno il two-up “
“Tappati la bocca”
Entrammo. Tappeto marrone folto, poca luce.
“Cosa volete?” fece Fred.
“Che ne dici della Cooper’s?” disse Jack.
“Cooper’s per tutti, allora”
Aveva un sapore molto fresco. Fred ci presentò un paio di tizi, uno alto e magro, uno grasso e coi baffi. Ci sedemmo a dei tavolini sul marciapiede. Si stava da dio, col sole, le birre e la città davanti.
“Vado al cesso” dissi a Jack.
Scesi per le scale. Trovai il solito cesso al muro, senza separazioni laterali. Mi raggiunse l’uomo grasso e coi baffi. Si abbassò la patta, cominciò a pisciare, mi guardò.
“Così tu vieni dall’Italia, giusto?”
Tutti bevevamo ed eravamo sempre più allegri. Barcollammo fino ai Rocks e ci fermammo nel primo pub che trovammo. Molte persone fecero lo stesso. L’intera città stava facendo il giro.
“Mi sa che hai telefonato a Valerio in Italia, prima” disse Jack.
“Che cazzo dici?”
“Me l’hai anche passato”
Ci pensai un po’. Poteva essere vero. Mentre ci riflettevo, mi ritrovai senza saperlo a “Jackson on George”. Fred voleva puntare dei soldi. Ordinammo birra e whisky, e andammo nella sala scommesse.
“Scegli un cavallo” mi fece Fred.
“Non ne ho idea”
“Uno qualsiasi”
“Ok. Prendi… Bertarelli VII”
Andò a piazzare la scommessa, poi io, lui e Jack andammo a sederci sulle comode poltrone coi nostri drink per seguire la corsa in tv. I cavalli erano alla partenza, io avevo da bere. Mi sentivo molto Bukowski. La corsa finì in pochissimo. Bertarelli VII era quinto.
“Fanculo” disse Fred, “è stato divertente lo stesso”.
Alla fine trovammo un pub dove si giocava il “two-up”. C’era un tizio con un microfono al centro di una folla ubriaca. L’uomo urlava le cifre e il tempo che restava ancora per scommettere.
“… e 200 su testa per quel ragazzo, ok amico, sì 200, siamo già a quanto Mikey?, 780, 780 su testa, e quanto su croce?, 910, 910 su croce, avanti amici, chi punta su croce, avanti amici, chi paga da bere per la serata?”
L’uomo col microfono andava avanti finché Mikey lì accanto non gli dava l’ok, dopodiché lanciava. Era lì che scoppiava il casino.
“Chi se ne frega del “two-up”” disse Fred, “facciamocene un altro”.
Andammo a farcene un altro.
(Tratto dal romanzo Latinoaustraliana)
Marco Zangari © 2015
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