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Destino. Giusto un nome magniloquente per dire qualcosa che non si può modificare. Quando la vita ti dice “E dunque…”, tu annuisci e chiami quel dunque destino. Dopo il bel romanzo “Il senso di una fine” (che avevo recensito qui), mi sono incuriosito leggendo in giro di questo nuovo “Il rumore del tempo” (Einaudi), sempre di Julian Barnes, e nell’ultimo giro in Italia ho deciso di acquistarlo. Il libro racconta dell’esperienza del compositore russo Šostakovič (è evidente che per scriverlo bene ho fatto copia e incolla da Wikipedia, NdA), in...

Ci sono quei libri che –sì insomma, quei libri che ti dici, ma chi me lo fa fare? Che ti viene voglia di chiudere tutto, dare un bacio d’addio a quei 20 euro e sbattere la copia lassù a prendere polvere fino alla fine dei tempi. Capita. Così come capita dopo qualche pagina di Henry Miller. Dostoevskji poi rischi di non aprirlo nemmeno, sconfortato dalle dimensioni del mattone. Eppure, così come capita a chi si addormenta dopo venti minuti di “Apocalypse now”, rischieresti di perdere qualcosa di buono. In questo caso,...

Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più patetiche e ridicole nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi....

    Un giorno qualsiasi. Estate. Terza settimana. Le apro lo sportello e poi la aiuto a infilarsi dentro la macchina, resa irrespirabile dall’afa, dopodichè partiamo. Non ci diciamo molto, ma per me è normale non parlare appena sveglio. Nonostante tutto, nella strada verso l’ospedale sono io che parlo. Le chiedo se vuole un sorso d’acqua, se l’aria condizionata le dà fastidio. Lei annuisce o scuote la testa. La radio che lei mette in sottofondo, con le sue canzoni già scadute e i discorsi sui rientri e sul bisogno di vacanza, pur...

Caro zio, nonostante me lo riprometta ogni volta, dimentico sempre una regola fondamentale della vita: mai mettere insieme settembre e De Andrè. Stavolta magari qualche scusa ce l'avevo, avendo mancato gli ultimi 4 settembre italiani. Eppure il settembre è luogo dell'anima, umido e irrisolto, malinconico e sospeso. E noi, in quel luogo, ci sguazzavamo alla grande. Il settembre al mare, qui nella mia Liuzzo City, voleva dire tante cose: esami universitari preparati di corsa per evitare il militare, lunghi pomeriggi di pioggia, solitudini estreme come non ci fosse stato mai...

    Onde che lasciano segni dai contorni confusi a lambire impronte nette precise di amicizie che partono da troppo lontano e finiscono per perdere la rincorsa Onde che cancellano le impronte Onde che portano a riva il profumo forte e dolciastro di ragazze pelle liscia di ragazze mani sorprese di ragazze che non sarebbero rimaste ragazze a lungo ma non lo sapevamo e loro forse sì Onde che ora scoprono ora celano scogli improvvisi, neri, lucidi a rompere la superficie a sposare le tempeste Onde che vanno avanti e indietro avanti e indietro per inerzia costruendo cancellando estate e inverno fino a cadere a cedere al peso indifferente di tutte le altre onde.   Marco Zangari © 2016  www.marcozangari.it Pagina Facebook: Marco Zangari ...

  Gli ombrelloni che si richiudono uno dopo l’altro sotto un cielo ostinato puntuale solo nelle tempeste e che ora promette pioggia di quella che fa fuggire verso le auto parcheggiate di quella che allaga e fa respirare i campi che crea e distrugge che bagna in tutte le direzioni volti in cammino incerti agli incroci e che rende difficoltosa e quasi nasconde auto cariche di valigie e mobili e ricordi di casa verso una nuova casa oltre la tempesta Nell’aria umida che fa impazzire le mosche e redimere gli uomini sotto un cielo d’apocalisse domenicale una coppia giovane avvinghiata si scambia senza fiato i baci di un’estate che finirà al cadere delle prime gocce. Marco Zangari © 2016 www.marcozangari.it Pagina Facebook: Marco Zangari   ...

Strade di cittá d’agosto poche auto, tutte dirette altrove e dentro ogni auto una speranza di un’ora un sogno di vino una brezza in questa notte immobile Strade di cittá d’agosto universo in sospensione tregua sudore e sveltine di pace Strade di cittá d’agosto con le sue dolci bugie notturne che perfino i barboni sembrano andati in vacanza Strade di cittá d’agosto ed io, vagabondo immemore a calpestare la polvere di questo deserto di neon, bar vuoti semafori spenti e un’ultima birra prima di andare via. Questa poesia è tratta da “Chi ha bisogno di Rivoluzione quando invece può andarsene al mare?” (2016, disponibile su prenotazione a info@marcozangari.it). Fotografia di Michelangelo Restuccia  ...

Inizio folle. L’andare via per ricaricare le batterie, andare andare per non farsi mai beccare. Il senso di pace, prima ancora che di avventura, nel lasciarti dietro le città e i paesi e restare solo con la linea bianca della strada, il sole, le nuvole che vanno e vengono, e vaghi nomi di luoghi che hai già sentito da qualche parte. Pace, come tornare a fare quello che ti riesce meglio. Nuotare nel tuo elemento. Non farti prendere mai. Strade deserte come scollegate dalla realtà. Il destino che sembra lasciarti ai tuoi...

La incontravo alla fine di ogni estate. Ogni volta fino all’ultimo non sapevo se lei sarebbe stata lì ad aspettarmi. Se addirittura si potesse ricordare di me. Tornavo in Sicilia, nella mia vecchia città, e provavo a dimenticarmi di lei per qualche settimana. Era facile, quando era estate e vedevi il mare dalla tua finestra. Lì a Roma non c’era il mare. Ma era anche vero che lì in Sicilia non c’era lei. Così tornavo, fedele e illuso, sudato e bastardo, tornavo ogni volta. Tornavo da lei che aveva continuato a...