“Doctor Sleep” – Stephen King
L’Overlook Hotel è uno di quei luoghi in cui, che avessimo letto il libro o visto il film, mai pensavamo che saremmo tornati. Eppure, dopo 35 anni, è successo nuovamente.
Mai dare niente per scontato, specie quando di mezzo c’è il Re.
Nel 2012, infatti, Stephen King, dopo una consultazione via internet con i suoi fans –e un’idea che gli girava in testa da qualche anno- ha deciso di scrivere il seguito del leggendario “Shining”. Il compito, ovviamente, non era di quelli propriamente semplici. “Shining”, uscito nel 1977, ha venduto milioni di copie, facendo entrare i Torrance e l’Overlook (gemelle comprese) nell’immaginario di tutti –complice, ovviamente, l’omonimo film girato da un altro Re,Stanley Kubrick, nel 1980. Il film di Kubrick è ancora considerato uno dei grandi classici della filmografia horror (e non solo) –anche se, come molti sapranno, a King non è mai andato troppo giù, per motivi che ha esposto più volte ad intervistatori che lo guardavano costernati.
Insomma, tornare all’Overlook –ripreso in mille riferimenti e parodie, dai Simpson a Caparezza- era un’operazione molto rischiosa, di quelle che fanno temere sempre il peggio ai fan storici. Timori, alla fine, abbastanza infondati, per quanto mi riguarda.
“Doctor Sleep” (Sperling & Kupfer) comincia proprio lì dov’era finito “Shining” (il libro, non il film, che ha un finale diverso), con Danny e Wendy Torrance che cercano, con fatica, a riprendersi dalla tragedia che il padre Jack aveva causato, spinto dai fantasmi dell’Overlook. Fa uno strano effetto ritrovare gli stessi personaggi (fa una breve comparsa anche Dick Hallorann, l’inserviente amico di Dan che, a differenza del film di Kubrick, nel libro precedente si era salvato), un bel senso di familiarità, come tornare a casa. King trasmette l’attaccamento che ha a certi suoi personaggi, nonostante dopo qualche pagine ritroviamo il piccolo Danny cresciuto, diventato ormai Dan, alcolizzato come il padre e che vive alla giornata. Per soffocare la “luccicanza” che gli permette di vedere e sentire al di là di quello che normalmente percepiamo, Danny infatti si è costretto a sopire questo suo potere con alcol e droga, finché un giorno non capisce di aver toccato il fondo. Decide quindi di trasferirsi in una cittadina del New Hampshire, a cui arriva casualmente (ma niente capita casualmente alla famiglia Torrance), e ricominciare daccapo nonostante i suoi fantasmi. Il piano sembra funzionare, finché nella sua ormai tranquilla routine non fa il suo ingresso Abra Stone, una ragazzina inseguita da un gruppo di strani individui che gira l’America da centinaia di anni, e che si fa chiamare Vero Nodo. Inutile dire che le speranze di tranquillità di Dan vanno a farsi benedire, così come non è difficile immaginare che l’Overlook tornerà a far visita (ma non aggiungo altro per non spoilerare).
“Doctor Sleep” è un libro piacevole da leggere, in puro stile King. La storia scivola via bene, i personaggi sono ben tratteggiati, e Dan Torrance, nonostante i timori, non delude. Il Vero Nodo funziona bene come “cattivo”, e la linea che, tramite la luccicanza, unisce Dan a quello che è avvenuto nello scorso libro, è interessante. Non l’ho trovatopauroso come altri libri del Re, ma come lui stesso scrive nella post-fazione del libro: Adoro illudermi di essere ancora piuttosto bravo in ciò che faccio, ma niente può essere all’altezza del ricordo di un forte spavento, e sottolineo niente, specie quando si è giovani e facilmente impressionabili. (…) E poi la gente cambia. L’autore di “Doctor Sleep” è parecchio diverso dall’alcolista pieno di buone intenzioni che ha scritto “Shining”, ma entrambi sono interessati a una sola cosa: raccontare una storia formidabile.
Beh, direi proprio che il Re c’è riuscito ancora una volta.
Buon ritorno all’Overlook a tutti.
Dello stesso autore ho recensito:
–Revival
–La storia di Lisey
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