“Gli anni” – Annie Ernaux

Sì. Dimenticheranno. È il nostro destino, non ci si può fare nulla. Ciò che a noi sembra serio, significativo, molto importante, col passar del tempo sarà dimenticato o sembrerà irrilevante. Ed è curioso che noi oggi non possiamo assolutamente sapere che cosa domani sarà ritenuto sublime, importante e che che cosa meschino, ridicolo. E la nostra vita, che oggi viviamo con tanta naturalezza, apparirà col tempo strana e scomoda, priva di intelligenza, non sufficientemente pura, forse addirittura immorale.
Anton Cechov

Comincia così “Gli anni” (L’Orma), il romanzo della scrittrice francese Annie Ernaux, già caso letterario nel suo Paese. Ed è un bel romanzo, specie per un fissato di Storia (maiuscola) e storie (minuscole) come me –e questo libro le intreccia magistralmente l’una nelle altre, fino a far confondere sfondo e primo piano, grandi eventi e quotidianità.
“Gli anni” segue un soggetto volutamente senza nome, che ovviamente riflette l’io della scrittrice, e che per l’occasione diventa un noi: quello che succede al singolo in qualche modo succede a tutti, dai riti obbligati agli accadimenti della Storia, restando sempre a metà tra ritratto di una generazione e storia personale, piena di affetti e rimpianti.
La protagonista segue i principali avvenimenti del Novecento, dalle Guerre al Sessantotto, sviluppando al tempo stesso il proprio racconto: l’infanzia modesta di periferia, il matrimonio, l’arrivo dei figli, l’arrivo nella grande città. Attraverso uno stile ricco, lirico fin quasi all’ipnotismo, la Ernaux srotola parole e ricordi davanti ai nostri occhi, trovando tanti punti in comune con le nostre vite, con chiunque entri a far parte di quel noi collettivo, impersonale e spietato. Ma non è solo la storia particolare, o la Francia, o il Novecento (e primi anni del Duemila): con “Gli anni” la scrittrice riesce nel suo tentativo più ampio e ambizioso, e cioè usare la propria storia (personale e collettiva) per arrivare a parlare del Tempo, di come esso ci forgia, ci devia il percorso, ci cambia, e in ultima battuta, ci vince. Non gli si può sfuggire, al Tempo, così come non si sfugge alla Storia: anche al riparo della propria quotidianità, pure nel più isolato e periferico dei paesini, la Storia viene sempre, prima o poi, a bussare alla porta –e raramente sono buone notizie.
Non a caso, la scrittura qui si fa flusso, cumulo di aggettivi, di oggetti, di nomi che la memoria fatica a ricordare, di facce che escono di scena come comparse occasionali e altre che non se ne vanno, di avvenimenti che non sono mai come ce li raccontano almanacchi e memoriali, quando li abbiamo vissuti. Anche la politica si compenetra nella nostra vita, ne fa parte, a volte messa in secondo piano dalle nostre emergenze personali, ma c’è sempre.
Un bel libro, importante e ben scritto, che consiglio. Perché memoria storica e memoria personale possono far male fino ad azzannare, ma senza di esse resta solo un vuoto, sia di emozioni che di significati.

No Comments

Post A Comment