“Superwoobinda” – Aldo Nove
Noi scrittori, qualora andiamo a una trasmissione, siamo consapevoli che se non gridiamo la gente compra sì qualche tuo libro, ma non abbastanza per andare continuamente nei villaggi Alpitour a trascorrere delle vacanze, perchè, se sei un po’ timido, I telespettatori non si impressionano, pensano già ad altri programmi.
Dopo aver letto un bell’articolo su Vice riguardo l’eterna questione dei racconti in Italia (e del perché nel nostro Paese siano considerati genere marginale, quasi per feticisti), avevo voglia di una bella raccolta. Ho quindi deciso di approfittarne leggendo qualcosa di Aldo Nove, di cui avevo ovviamente sentito parlare tanto, ma che ancora non conoscevo.
Ok, mettiamola così: se siete alla ricerca di un racconto “classico”, anche minimalista, allora forse “Superwoobinda” (Einaudi) potrebbe deludervi. Ma delusione non è la parola giusta: stupore, forse, va meglio. Nel bene o nel male, che conosciate Nove oppure no, “Superwoobinda” vi stupirà –e la cosa ammirevole è che riesce a farlo anche oggi, a un ventennio da quegli anni Novanta che qui vengono celebrati e smontati, ricordati e ridicolizzati.
“Superwoobinda” è infatti zeppa di riferimenti a quel tempo (il libro è uscito nel 1998, se non sbaglio), da Non è la Rai a Senna, che riletti adesso possono anche fare un po’ nostalgia (nonostante ormai i Novanta te li vendano come il Meraviglioso Tempo dell’Oro, per qualche motivo a me sconosciuto). I protagonisti sono ragazzi complessati, potenziali serial killer, feticisti, masturbatori, fissati, un esercito di alienati nutrito e riflesso dalla televisione, che qui sembra accompagnare come un sottofondo dominante ogni pagina –il culto delle “celebrities”, i miti venduti un tanto al chilo, la superficialità, la stupidità eretta a sistema. Con storie brevissime, taglienti, spesso senza una trama vera e propria e nemmeno una fine (molte storie sono volutamente lasciate in sospeso), lo scrittore fa un collage surreale e fuori di testa di un’epoca. Molti racconti hanno come protagonista lo stesso Nove, che utilizza una feroce ironia (e autoironia), smontando miti con un linguaggio volutamente “sgrammaticato” e crudo (ho riso come un cretino con i suoi “Tre racconti sulla televisione”).
“Superwoobinda” è stato aria nuova nello stantìo panorama letterario italiano. È una provocazione continua, che può anche non piacere o infastidire, ma non lascia indifferenti in nessun caso –e questo, quando si scrive, è sempre un discreto risultato.
Tra l’altro alcuni passaggi sono veramente spassosi (o almeno io li ho trovati tali) e non fa mai male se un libro riesce a strapparvi qualche risata.
Insomma, stupore, qualche risata e un tempo lontano che ritorna sotto i nostri occhi. Se vi va, è un bel viaggetto.
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