Viaggio in Sicilia (estate 2009)

Inizio folle. L’andare via per ricaricare le batterie, andare andare per non farsi mai beccare. Il senso di pace, prima ancora che di avventura, nel lasciarti dietro le città e i paesi e restare solo con la linea bianca della strada, il sole, le nuvole che vanno e vengono, e vaghi nomi di luoghi che hai già sentito da qualche parte.
Pace, come tornare a fare quello che ti riesce meglio.
Nuotare nel tuo elemento.
Non farti prendere mai.

Strade deserte come scollegate dalla realtà. Il destino che sembra lasciarti ai tuoi pensieri. Niente felicità, perchè hai troppi guai sulle spalle per far finta di niente. Lo stesso, è un’evasione.

Cefalù e caldo da morire, Cefalù e vie piene di turisti. Dopo tutti questi chilometri non sei riuscito a lasciarli dietro, evidentemente.
Spiaggia di alghe come viscide piovre sommerse.
Cefalù non mi ha fatto impazzire. Ma ci sono panorami discreti, l’acqua è calda e pulita, le tedesche in topless non sono male, e in fondo basta ad avviare il viaggio.
Primi approcci coi palermitani. Ricordi.
Una Ceres che ci sta.

Finisce così, con me appoggiato pigramente al bordo piscina di un campeggio subito fuori Cefalù, mentre un bambino aggrappato alla scaletta urla “PAPIIIIIII!!!!!!” e il sole si nasconde dietro le nuvole. Così passo le mie ultime ore da ventenne.
E’ un pensiero incredibile, nella sua normalità. Sembrano pensieri da condannato. Forse lo sono.
Non riesco a capacitarmene. Dai 10 ai 20 mi sembra sia passata una vita. Dai 20 a ora, invece, è stata solo una tempesta, un acquazzone estivo di quelli lunghi, un match di pugilato con pochissimi round e tutti andati male. Il tempo è roba scaduta, il tempo è un fuori di testa irrequieto asserragliato sul campanile di una chiesa, il tempo è l’ultima presa per il culo.
Immerso nella piscina ripenso ai 20, cominciati al buio, un cane che ululava nascosto, una persona che nemmeno sapeva che stava facendo 20 anni, o nemmeno lo capiva. Poi ci sono le facce, le distruzioni, i giorni persi, che non so perchè ma mi vengono sempre prima di quelli buoni.
I 20 mi sono sembrati tempo sprecato ad aspettare e occasioni sciupate, più dal destino che da me.
I 20 mi sono sembrati occhi puntati addosso a vedere se stavo vivendo da 20 oppure no, con le palette pronte ad alzarsi. I 30, forse, toglieranno un po’ di pressione.
I 20 ti volevano giovane per forza, e poco importava se eri ancora troppo bambino o già vecchio.
I 20 ti ponevano dei precisi obiettivi. Mi ritengo orgoglioso di poter dire che li ho falliti quasi tutti.
Ho cominciato i 20 in fuga, e ora non so se la fuga è finita malissimo, se è finita e basta, o se si sta prendendo solo una pausa.

Lasciamo che i 40
ci guardino strano
e che i 50 ci
guardino male
e magari lasciamo i 20
a sfotterci e indicarci
-noi, intanto
ci beviamo i nostri 30.

San Vito Lo Capo. Bar. Uomo del nord che si lamenta perchè sono finiti i quotidiani.
“Ma no” dice il barista, “ne è rimasto uno, il più padano di tutti”. E gli sbatte davanti una copia del Corriere di Sicilia.

Guidando davanti al monumento a Capaci. Tutto riparato. Mi aspettavo di vedere delle cicatrici, sull’asfalto.

Il mondo dei camperisti è colorato e vario, e dice molto sulla persona che sei. Molti, come sempre, avrebbero fatto meglio a non lasciare mai casa.
E infatti non la lasciano.

San Vito è il solito paradiso rovinato dalla brulicante urticante Razza Umana. Stesso vale per la Riserva dello Zingaro, a Trapani.
In macchina penso che l’Isola è un bene dimenticato, una gemma semi-nascosta, conosciuta ma mai abbastanza, e più da tedeschi e francesi che da noi che la abitiamo. I paesini sono una boccata d’aria (no, non c’entrano niente col Padrino), e il mare è uno spettacolo. La stessa Trapani sembra piccola e civile, pulita, si direbbe riuscita.
Viviamo in paradiso, e forse dopo morti ce ne accorgeremo, ma probabilmente non sarà così importante.
Nel frattempo ci riempiamo la bocca parlando dell’Isola come ragazzini che raccontano storie inventate sulla donna che sognano di scopare, e che non riusciranno mai nemmeno ad avvicinare. Una donna che parla con voce da vecchia, e che non si decide a diventare maggiorenne.
I suoi occhi ci fanno impazzire.
Ma ora è tempo di andare.

 

(Pubblicata su Hotel Morgana il 22/7/2011)

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